"Non basta godersi la bellezza di un giardino senza dover pensare che in un angolo ci siano le fate?"
- Douglas Adams

sabato 22 ottobre 2011

Trilogia della Frontiera - Cormac McCarthy



So già in partenza che questo articolo sarà troppo di parte. Amare o non amare un libro è un fattore soggettivo, ma succede anche di non amare libri che reputiamo comunque opere di grande valore. Bene, direi che si può anche cominciare. Mettetevi comodi, magari con una cioccolata calda e fumante davanti a voi, perché sarà un viaggio piuttosto lungo. Spero di introdurvi delicatamente. Spero che di raccontarvelo come è giusto che vada raccontato.

Dubito possa servire a qualcosa premettere che McCarthy è considerato da gran parte della critica il più grande scrittore americano vivente. Sopra a Roth, De Lillo e Thomas Pynchon. Non avendo io letto gli altri tre, non posso fare un paragone. Passiamo quindi ai fatti. McCarthy è nato nel ’33, vive isolato a El Paso (un po’ alla Salinger, ma anche il collega Pynchon non scherza con la privacy) e ha una moglie e un figlio di pochi anni, John. I giornalisti vengono invitati a giocare a biliardo, ma nessuna intervista viene mai concessa. È uno scrittore d’altri tempi, il nostro Cormac. Scrive con un inglese del ‘600, prosa densa e lapidaria e uso sconcertante delle metafore. Se si pensa che un anno l’Accademia Svedese ha dato il Nobel a Dario Fo, allora c’è da sghignazzare. Niente contro Fo, solo che il Nobel per la letteratura dev’essere un Nobel per la letteratura. Non per qualcos’altro. E McCarthy è uno scrittore che, ancora in vita, viene già annoverato fra i classici.

La Trilogia della Frontiera è la sua opera di cui intendo parlare. Composta da Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura, è sicuramente uno di quei tentativi tipici dell’uomo nella sua arroganza di rendersi immortale con le parole. L’unica differenza è che McCarthy non aveva affatto quest’intenzione. Lui s’è messo lì e ha pensato la sua storia e poi l’ha scritta. E ringraziamolo all’infinito per averlo fatto.

Cavalli selvaggi è il libro più giovane. Non solo in senso cronologico, ma in senso letterale. Non è un libro immaturo, ma non c’è la consapevolezza degli ultimi due. È un libro selvaggio, anche se il titolo originale è All the pretty horses. È un romanzo dove la natura esplode ad ogni riga, dove i personaggi sono costretti a combattere con la natura e al tempo stesso farsela amica. È il romanzo dell’amore, dell’ingiustizia e dell’incomprensione del Messico come paese a sé stante, diverso da tutto il mondo. Ma anche romanzo della crescita, della maturazione, dei sensi di colpa. Ed è importante per capire fino a che punto il protagonista, John Grady Cole, potrà spingersi. Perché noi lo ritroveremo nell’ultimo romanzo e non sapremo quale sarà il punto di non ritorno, consci però che dovrà esserci per forza. A un certo punto del libro, un personaggio dice che il Messico è diverso. Che il Messico non è come l’America. È un tema molto ricorrente nei tre libri. Il Messico è un mondo a parte, affascinante e pericoloso, un mondo pulsante e vivo che attira coloro che vogliono ripartire da zero. Fare tabula rasa. Tracciare una riga nel passato. Ma John Grady la riga non l’ha tracciata abbastanza spessa. Il bello di McCarthy è che lui non ci dice mai i pensieri dei personaggi. È una cosa io per esempio non riesco a evitare quando scrivo. Lui invece lo fa tranquillamente. Traspare tutto dai dialoghi e dai gesti, anche da un “sì” o un “no” e il più piccolo movimento. Questo significa saper usare le parole. Ogni pagina sembra una pennellata che colora la storia di un fascino indiscutibile, oscuro, misterioso. Le pagine sulle cavalcate notturne di John e Alejandra sono pura poesia, altissima letteratura, e c’è poco altro da dire. Così come il tragico destino di Blevins, si potrà capire il valore dell’adolescenza negli aspetti più drammatici.

Oltre il confine è il mio preferito. Parlarne non è facile. È immenso, e si potrebbe finire qui. La prima parte racconta di un gioco di sguardi tra un ragazzo e una lupa, un gioco di sguardi che dura decine di pagine e lascia senza fiato. Forse le più belle pagine mai scritte sul rapporto uomo-natura. E anche le più tristi. Il fatto è che McCarthy proprio non fa sconti. Non ti viene mai da pensare: ora al protagonista andrà bene, ora sarà felice perché se lo merita. La vita non è così. E questi libri sono la vita e la storia di tutti noi, come fossimo un unico organismo. Oltre il confine ha il potere di farti sentire affine a tutta l’umanità. Affine al tuo nemico, affine a chi abita dall’altra parte del globo. Nella seconda, nella terza e nella quarta parte del romanzo, Billy Parham intraprende un viaggio che lo porterà ad attraversare il confine tra America e Messico ben tre volte, per tre ragioni diverse. E come dirà nell’ultimo libro della trilogia, nessuna delle tre volte è tornato con quello che cercava quando è partito. Perché il Messico è diverso. Tragico e senza speranza, ricco di racconti nel racconto e di testimonianze di vita da parte di gente vecchia, stanca, ma pur sempre disponibile ad accogliere qualcuno in casa e dargli da mangiare nonostante si viva di stenti. Perché, ci tocca dirlo ancora una volta, il Messico è diverso. In Oltre il confine la natura è ancora più viva, più presente, ma non per questo meno spietata; anzi, probabilmente lo è ancora di più. E la drammaticità delle scelte dei personaggi si riversa completamente sulle loro sorti. Un libro dove la luce non c’è, dove non c’è mai stata. Perché basta un attimo per cambiare la vita di Billy quando il ragazzo realizza di aver catturato una lupa. Dovrebbe spararle o andare ad avvisa il padre. E invece la libera e decide di riportarla al suo paese d’origine. Una scelta definitiva. E McCarthy ci dice, più o meno a pagina trenta: “non avrebbe più rivisto i suoi genitori”. Ci fa chiedere se noi abbiamo mai provato a cambiare la nostra vita.

Città della pianura ha una struttura diversa, ma era lo scopo di McCarthy scriverlo come l’ha scritto. Molto dialogato, molto statico per buona parte della narrazione. John Grady Cole e Billy Parham lavorano nello stesso ranch e ascoltano sotto le stelle i racconti dei vecchi tempi. In questi racconti la ricorrenza è che in Messico nessuno aveva niente, nessuno aveva mai avuto niente e mai avrebbe avuto qualcosa, ma, anche così, la sola possibilità che ti chiudessero la porta in faccia era impensabile. Ed è in Messico, che John Grady s’innamora per la seconda volta. L’amore lo porterà al limite, fino a scontrarsi col protettore di lei, Eduardo, in un duello epico ed emblematico, manifesto di un paese che se non ci sei nato, non lo puoi capire. Perché quando senti per la prima volta una canzone messicana pensi di aver capito tutto, quando ne hai sentite più di cento ti rendi conto di non aver capito niente, fosse anche la stessa canzone ripetuta per cento volte. Ho ritrovato Billy, ho ritrovato il suo carattere protettivo, sincero, affettuoso. E il finale mi ha devastato proprio per questo. McCarthy se ne frega dell'opinione di coloro che leggeranno ciò che scrive. E ciò che scrive è verità pura e semplice. Non c'è altro. Tu vieni messo di fronte a parole che non sono parole ma pugni nello stomaco. Vieni messo di fronte a tragedie umane di portata inarrivabile. Per questo mi sono ritrovato a piangere in classe, alla fine. Perché non ce la facevo. Non ce la facevo a sopportare tutto quel dolore, tutta quella tristezza. È deprimente. Ma è anche bellissima.

La Trilogia presa nel suo insieme è maestosa, imponente. È capace di farti credere che nient’altro possa superarla in grandezza. Io sono sempre pronto a essere smentito, ma qualcosa mi dice che non sarà così. McCarthy ha fatto centro. Ha raccontato la vita dell’uomo e l'ha racchiusa in tante storie che alla fine sono un’unica storia. La stessa, identica storia per tutti noi. È come se avesse detto «Io ho scritto questa cosa e ve l’ho fatta leggere, ma state attenti che sto parlando non solo del Messico e dell’America degli anni ’40 e ’50. Sto parlando anche di voi. Soprattutto di voi».

─ Marco Tamborrino
22 ottobre 2011

domenica 9 ottobre 2011

Ogni cosa è illuminata


(Ricordi cosa ha fatto dopo, Jonathan? Ha adocchiato ancora la foto e
poi l'ha rimessa sul tavolo e poi ha detto: Herschel era una persona
buona, e anch'io, e per questo non è giusto quello che è successo,
niente di questo è giusto. E poi gli ho chiesto: Cosa, cosa è successo?
Lui ha rimesso la foto nella scatola, ti ricorderai, e ci ha detto la
storia. Esattamente così. Ha messo la foto nella scatola e ce l'ha
raccontata. Lui non ha mai schivato i nostri occhi nemmeno una volta, e
nemmeno una volta ha messo le mani sotto il tavolo. Ha detto, ho ucciso
Herschel. Oppure quello che ho fatto è stato come ucciderlo. Cosa vuoi
dire? ho chiesto perché quello che lui ha detto era una cosa così forte
da dire. No,
questo non è vero. Herschel moriva con me o senza di me ma è come se
l'avessi ucciso. Cos'è successo? ho chiesto io. Sono arrivati all'ora
più buia della notte. Venivano semplicemente da un'altra città e dopo
sarebbero andati in un'altra. Sapevano cosa stavano facendo, erano molto
organizzati. Mi ricordo benissimo la sensazione del letto che tremava
quando sono arrivati i carrarmati. Che cosa? Cosa c'è? ha detto la
Nonna. Io mi sono alzato dal letto e ho osservato fuori dalla finestra.
Che cosa hai visto? Ho visto quattro carrarmati e me li ricordo ognuno
in particolare. C'erano quattro carrarmati verdi e gli uomini che
camminavano di fianco. Questi uomini avevano i fucili, ascolta, e li
puntavano contro le nostre porte e le finestre in caso che qualcuno
tentasse di scappare. Era buio, ma questo potevo vedere. E avevi paura?
Sì, avevo paura, anche se sapevo che non ero io quello che volevano. E
come sapevi? Sapevamo di loro. Tutti sapevano. Anche Herschel sapeva.
Non pensavamo che succedesse a noi. Io ti ho detto che credevamo nelle
cose, eravamo così stupidi. E dopo? E dopo ho detto alla Nonna di
prendere il bambino, tuo padre, e andare giù in cantina e non fabbricare
rumore ma anche di non spaventarsi eccezionalmente perché non eravamo
noi che volevano. E dopo? E dopo hanno fermato tutti i carrarmati e per
un momento sono stato così stupido da pensare che era finita, avevano
deciso di tornare in Germania finire la Guerra perché non piace a
nessuno la guerra nemmeno a quelli che sopravvivono, nemmeno ai
vincitori. Ma? Ma naturale che non sono andati via, hanno solo fermato i
carrarmati davanti alla sinagoga e sono usciti fuori dei loro carrarmati
e si sono schierati in righe molto logiche. Il Generale che aveva i
capelli biondi si è messo in faccia un microfono e ha parlato in ucraino
ha detto che tutti dovevano venire alla sinagoga, tutti senza omissioni.
I soldati davano dei pugni a tutte le porte con i fucili e investigavano
le case per essere sicuri che tutti andavano davanti alla sinagoga ho
detto alla Nonna di tornare su con il bambino perché avevo paura che li
scoprissero dentro in cantina e gli sparassero per via del nascondiglio.
Herschel pensavo Herschel deve scappare adesso e come può scappare
deve
correre adesso correre al buio forse è già scappato forse ha sentito i
carrarmati ed è scappato via ma quando siamo arrivati della sinagoga ho
visto Herschel e lui mi ha visto e ci siamo messi vicino perché è questo
che fanno gli amici a cospetto del male o dell'amore. Cosa succederà mi
ha chiesto lui e io ho detto non so cosa succederà e il vero è che
nessuno di noi sapeva cosa sarebbe successo anche se tutti quanti
sapevano che sarebbe stato cattivo. I soldati hanno preso tanto tempo a
finire la loro investigazione delle case era molto importante per loro
star sicuri che tutti erano davanti alla sinagoga. Ho paura ha detto
Herschel penso che piangerò. E perché ho detto io non c'è niente da
piangere non c'è proposito di piangere ma ti dico che anch'io avevo
voglia di piangere e avevo tanta paura ma non per me stesso per la Nonna
e il bambino. Cosa hanno fatto? Cosa è successo dopo? Ci hanno messo in
fila e io ero vicino a Anna da una parte e Herschel dall'altra e delle
donne stavano piangendo perché avevano tanta paura dei fucili che
avevano i soldati e pensavano che tutti noi saremmo morti. Il Generale
con gli occhi azzurri ha portato il microfono sulla faccia. Voi dovete
ascoltare bene ha detto e fare tutto quello che vi è ordinato altrimenti
verrete fucilati. Herschel mi ha detto piano ho tanta paura e io volevo
dirgli scappa hai più speranza se scappi è buio scappa corri altrimenti
non hai speranza ma non potevo dirgli questo perché avevo paura che mi
sparavano perché parlavo e avevo anche paura di rassegnarmi alla morte
di Herschel ammettendola fatti coraggio ho detto con voce più bassa che
potevo devi essere coraggioso anche se lo sapevo che era una cosa così
stupida da dire la cosa più stupida che mai ho detto coraggioso perché?
Chi è il rabbino ha chiesto il Generale e il rabbino ha elevato la mano.
Due delle guardie hanno preso il rabbino e lo hanno spinto nella
sinagoga. Chi è il cantore ha chiesto il Generale e il cantore ha
elevato la mano, ma non era così sereno nella morte come il rabbino lui
piangeva e diceva No a sua moglie No No No No No e lei ha elevato la
mano verso di lui e due guardie l'hanno presa e hanno messo anche lei
nella sinagoga. Chi sono gli ebrei ha chiesto il Generale nel microfono
tutti gli ebrei facciano un passo avanti ma non uno ha fatto il passo
avanti. Tutti gli ebrei devono venire avanti ha detto ancora e questa
volta lui gridava ma non uno ancora ha fatto il passo avanti e ti dico
che se ero ebreo anch'io non facevo il passo e il Generale è venuto
vicino alla prima fila e ha detto nel microfono voi indicate un ebreo o
sarete considerati ebrei e la prima persona da cui è andato era un ebreo
che si chiamava Abraham. Chi è ebreo ha chiesto il Generale e Abraham
tremava. Chi è ebreo ha chiesto ancora il Generale e ha appoggiato la
pistola alla testa di Abraham. Aaron è ebreo, Aaron e lui ha indicato
con il dito Aaron che era nella seconda fila dove eravamo anche noi. Due
guardie hanno acchiappato Aaron e lui faceva foltissima resistenza così
gli hanno sparato nella testa e questo è quando ho sentito la mano di
Herschel che toccava la mia. Fate come vi è ordinato ha gridato al
microfono il Generale con una cicatrice sulla faccia, altrimenti. E'
andato alla seconda persona della fila che era un mio amico Leo e ha
detto chi è ebreo e Leo ha indicato Abraham e ha detto quell'uomo è
ebreo perdonami Abraham due guardie hanno accompagnato Abraham in
sinagoga e una donna nella quarta fila ha cercato di scappare via con il
suo bambino nelle braccia ma il Generale ha gridato in tedesco quella
lingua terribile la lingua più paurosa disgustosa e mostruosa e una
delle guardie ha sparato a lei dietro la testa e dopo hanno portato lei
e anche il suo bambino che era ancora vivo nella sinagoga. Il Generale è
andato dal secondo uomo della fila e da quello dopo e tutti facevano
segno è un ebreo perché nessuno voleva essere ucciso un ebreo faceva
segno a suo cugino e uno faceva segno a se stesso perché non voleva fare
segno a un altro. Hanno portato Daniel nella sinagoga e anche Talia e
Louis e tutti gli ebrei che c'erano ma per qualche proposito che io non
saprò mai nessuno ha mai indicato Herschel forse perché io ero l'unico
amico suo e lui non era tanto socievole e tanta gente non sapeva nemmeno
che esistesse ero l'unico che poteva indicare lui o forse era perché era
così buio che non lo vedevano più. Non è passato troppo tempo che lui è
rimasto l'unico ebreo fuori dalla sinagoga. Adesso il Generale era nella
seconda fila e ha detto a un uomo, lui chiedeva soltanto agli uomini io
non so perché, chi è ebreo e l'uomo ha detto sono tutti dentro la
sinagoga perché lui non conosceva Herschel o non conosceva che Herschel
era ebreo. il Generale gli ha sparato in testa e io ho sentito la mano
di Herschel che toccava la mia molto piano e sono stato attento a non
guardarlo il Generale è andato da quello dopo ha chiesto chi è ebreo e
questo ha detto sono tutti dentro alla sinagoga mi deve credere non sto
dicendo falso perché dovrei dire falso potete ucciderli tutti per quello
che m'importa ma per favore mi risparmi per favore non mi uccida e il
Generale glihasparatointesta e ha detto ora mi sto spazientando ed è
passato all'uomo che c'era dopo in fila ed ero io chi è ebreo ha chiesto
e io ancora ho sentito la mano di Herschel e lo so che la sua mano stava
dicendo pregoprego Eli ti prego non voglio morire prego non indicarmi
sai cosa succederà se indichi me non indicarmi ho paura di morire ho
tanta paura di morire ho tantapauradimorire hotantapauradimorire chi è
ebreo mi ha chiesto ancora il Generale e io sull'altra mano ho sentito
la mano della Nonna e sapevo che lei teneva tuo padre che stava tenendo
te e tu tenevi i tuoi figli e ho tanta paura di morire ho
tantapauradimorire hotantapauradimorire hotantapauradimorire e io ho
detto lui è ebreo chi è ebreo ha chiesto il Generale e Herschel ha
afferrato la mia mano con tanta forza e lui era il mio amico era il
migliore amico lo avrei lasciato anche baciare Anna e l'avrei anche
lasciato fare l'amore con lei ma io sono io e mia moglie è mia moglie e
mio figlio è mio figlio tu capisci che cosa sto dicendo ho indicato
Herschel e ho detto lui è ebreo quest'uomo è un ebreo prego Herschel mi
ha detto e stava piangendo digli che nonèvero prego Eli ti prego due
guardie lo hanno preso e lui non resisteva ma piangeva ancora e più
forte e ha gridato di' a loro che non ci sono più ebrei
noncisonopiùebrei che hai detto che io sono ebreo soltanto per non
morire ti prego Eli seilmioamico non farmi morire io ho tanta paura di
morire hotantapaura vedrai tutto andrà bene gli ho detto non fare questo
ha detto fai qualcosa fai qualcosa faiqualcosa faiqualcosa andrà tutto
bene andrà tuttobene a chi lo dicevo io questo fai qualcosa Eli
faiqualcosa io hotantapauradimorire ho tantapaura lo sai cosa faranno
seilmioamico gli ho detto io anche se non so perché l'ho detto in quel
momento e le guardie lo hanno messo nella sinagoga assieme ad altri
ebrei e tutti noialtri siamo rimasti fuori a sentire piangere il
piantodeibambini e il piantodegliadulti e a vedere la scintilla nera
quando il primo fiammifero è stato acceso da un ragazzo che non poteva
essere più vecchio di me o Herschel o di te adesso ha illuminato quelli
che non erano dentro la sinagoga quelli che non dovevano morire e lui lo
ha buttato sui rami che erano appoggiati alla sinagoga e quello che poi
era così orrendo è che è stato tantolento e il fuoco
sispegnevatantevolte e bisognava rifarlo e io ho guardato la Nonna e
leimihabaciatosullafronte e io l'hobaciatasullabocca e le nostre
lacrimesisonmischiatesullelabbra e dopo io hobaciatotuopadre tante volte
l'ho preso dalle braccia della Nonna e l'hostrettotantoforte talmente
tanto che si è messo di piangere e io dicevo ti voglio bene ti voglio
bene ti voglio bene ti voglio bene tivogliobene tivogliobene
tivogliobene tivogliobene tivogliobene tivogliobene tivogliobene
tivogliobene tivogliobene tivogliobenetivogliobenetivogliobene e sapevo
che bisognava cambiare tutto lasciare tutto dietro alle spalle e sapevo
che non dovevo permettere mai che lui sapesse chieroio o cosavevofatto
perché era per lui che avevofattoquelcheavevofatto era per lui che avevo
indicato Herschel che Herschel era stato assassinato che io avevo
assassinato Herschel ed è per questo che lui è quello che è lui è quello
che è perché un padre ha sempre responsabilità di suo figlio e io sono
io e iosonoresponsabile non di Herschel ma di mio figlio perché l'ho
tenuto con tantaforzachepiangeva perché gli volevo bene così tanto che
ho resolamoreimpossibile e mi spiace per te e mi spiace per Iggy e siete
voi che dovete perdonarmi lui ci ha detto queste cose e Jonathan dove
andiamo adesso cosa faremo con quello che sappiamo il Nonno ha detto
che
io sono io ma potrebbe non essere vero il vero è che anch'io
hoindicatoHerschel e anch'io ho detto luièebreo e ti dico che anche tu
haiindicatoHerschel e anche tu hai detto luièebreo e non solo ma il
Nonno ha anche indicato-me e ha detto luièebreo e anche tu hai
indicatolui e hai detto luièebreo e tua nonna e il Piccolo Igor e tutti
noi ci siamo indicatilunlaltro e così insomma cosa avrebbe dovuto fare
sarebbestatopazzoafareunaltracosa ma è perdonabile quello che ha fatto
puòessereperdonato per il suo dito indice per quelcheilsuoditohafatto
per quellocheindicò enonindicò per quellochetoccònellasuavita e
quellochenontoccò è ancoraluicolpevole e io lo sono lo sono losono io
losono?)
Poi ha detto: «Adesso dobbiamo dormire».

─ Jonathan Safran Foer
Ogni cosa è illuminata