"Non basta godersi la bellezza di un giardino senza dover pensare che in un angolo ci siano le fate?"
- Douglas Adams

sabato 2 luglio 2011

Decimo Capitolo

A volte è l’unica strada

– Immaginate un mondo dove gli esseri umani si comportano non da esseri umani, ma da automi. Un mondo dove non si dice grazie, non si dice ciao, dove gli abbracci vengono aborriti, e non dite che non ve ne fate niente, sono le prime cose che amiamo degli amici, gli abbracci, i sorrisi, e bisogna non averne per essere persone ciniche, fredde, quelle che alla mattina si svegliano e non dicono buongiorno adesso si fa colazione, ma escono di casa e non salutano, perché a volte un gesto, uno sguardo, possono cambiare la vita a una persona, non la giornata, la vita, quella che vorresti sempre cambiare da solo, ma non puoi. La felicità è quella che provano una madre o una moglie quando il figlio o il marito arrivano sani e salvi con l’aereo, quello atterra e loro sono felici, magari non urlano, non gridano, non si mettono a saltare sul letto o a fare schiamazzi, ma sono felici, perché la persona, il figlio o il marito o il padre o l’amico o l’amante sono atterrati e sono vivi e l’aereo non è precipitato, possono respirare, lasciar andare il sospiro tanto trattenuto, farsi scappare un sorriso, gli angoli della bocca che si piegano in su e poi si rilassano e si distendono, ma la felicità rimane ancora un po’, aspetta qualche minuto per andarsene, quel che serve per calmare gli animi finché non ci sarà il viaggio di ritorno. E cosa dire dei ragazzi e delle ragazze e di quando si sentono brutti, troppo brutti per pensare anche solo di essere felici, perché è facile avere un visetto carino e andare in giro e far innamorare gli stolti, ma se non siete brutti, se vi piacete e non avete rimpianti, vuol dire che non sapete niente niente niente di cosa significhi essere disprezzati brutti deboli, vittime di scherzi, sono solo scherzi ti dicono, ti ripetono che stanno scherzando, chi se ne frega se sei brutto o sei brutta, ridi anche tu, stiamo scherzando, non vedi, stiamo scherzando. E sono anni decenni millenni che il mondo scherza, prende in giro, ride fino alle lacrime di quanto siano tristi gli altri, facile ridere, facile piegarsi in due quando le cose succedono agli altri, mai a te. A volte l’unica strada è girarsi dall’altra parte, far finta di non aver sentito o di non voler sentire. A volte è l’unica strada.
Così dissi io, o meglio scrissi, all’inizio del mio libro. Come prefazione mi sembrava buona. Mentre la scrissi, sul giradischi andava Chopin.

Cosa dicono a sé stessi, i colpevoli, per riuscire a dormire la notte? In quel periodo della mia vita in cui tutto rallentò, pensai spesso ai miei genitori. Pensare era la mia condanna. Mi sentivo come in quei momenti in cui si dice una cosa terribile, una cosa che si sa che farà male, e un momento dopo averla detta vorremmo non averlo mai fatto, allora ci scusiamo, i sempre innocenti, non l’ho fatto apposta, diciamo, ma il problema è un altro, il problema è che l’abbiamo fatto, e non si torna indietro. Dobbiamo imparare a rimediare andando avanti, e le scuse non bastano mai.
La mattina dopo il giorno in cui ricevetti la lettera di Wendy, chiesi a Chris come si sentiva.
– Strano.
– Non triste? Solo strano?
– Proprio così, Charlie. Ma tu sei triste?
– E secondo te perché scrivo?
Ne parlai anche con Julia, e lei mi disse che i suoi genitori erano separati. Una sera suo padre era tornato a casa con un giorno d’anticipo dopo un viaggio di lavoro e aveva trovato la moglie a letto con un altro; ed era finita lì. Un secondo ed era tutto concluso, come se non fosse mai iniziato, come se i genitori di Julia non si fossero mai sposati, mai baciati, mai una carezza, come se non avessero mai fatto l’amore, e come fanno a chiamarlo amore se poi basta un attimo per non amare più?
– Mi dispiace – le dissi.
– Non ti preoccupare.
– Ma mi dispiace lo stesso.
– Sei una brava persona, Charlie.
– Mi dispiace.
– Ti dispiace anche di essere una brava persona?
– Non esistono brave persone.
– E quelle cattive?
Scossi la testa: – Esistono solo le persone.
Julia sorrise. Forse mi capiva. O forse no.

Fu ai primi di maggio che ci rubarono la Ford. Semplicemente una mattina era scomparsa dal ciglio della strada di fronte al condominio dove la parcheggiavamo sempre.
– Se becco quel figlio di puttana che ha osato…
– Calmati, Chris, – dissi io, – è inutile scaldarsi tanto adesso.
– Sporgiamo denuncia? – chiese lui.
– Sì, ma sarà inutile.
– Be’, sembra che resteremo ancora un po’ a Los Angeles.
– Chris, Chris, Chris… amico mio, esiste… l’autostop.
– Ci deruberanno.
– Non è da escludere.
– Sei pazzo, Charlie.
– Sai che novità.
– E adesso?
– Autostop, Chris. Autostop.
Non successe subito. La nostra vita a Los Angeles non era male, anzi, non potevamo davvero lamentarci. Ma quello che cercavo quando da quando ero partito non era un’altra città e basta. Era qualcosa che ancora non vedevo. E che non ero sicuro di voler vedere.
Inoltre volevo partire da solo, questa volta. Chris e Julia non dovevano sapere niente. A tal proposito avevo un’altra faccenda da sbrigare. Girai qualche albergo, e in ognuno chiedevo se avevano bisogno di qualcuno che suonasse il piano alla sera. Quando trovai quello che cercavo, fui ricevuto dal principale che, dopo avermi sorriso bonariamente, mi strinse la mano.
– Ho il piacere di parlare con il signor…
– Charlie. Charlie Collins, signore.
– Piacere, Charlie, io sono Mike Dawkins. Arriviamo subito al nocciolo della questione: sei tu quello che vuole suonare il piano?
– No, è una mia amica.
– Quanti anni ha?
– Diciassette, signore, quasi diciotto.
– Quanto è brava?
– Suona da quando aveva sette anni, signore. È molto brava, però è qualche mese che è ferma.
– Perché?
Mi grattai la testa in imbarazzo. – Che dire, signore, ce ne siamo andati dal nostro paese, e un pianoforte ha il suo costo.
– Oh, capisco.
– Allora la farà provare, signore?
– Sì, mi piacerebbe vedere come se la cava. Il nostro ultimo pianista si è schiacciato le dita della mano destra con la portiera di una macchina, e forse non potrà più nemmeno suonare.
– Allora la porto da lei stasera, signore, se per lei va bene.
– Va bene, Charlie, vieni pure stasera con la tua amica. Vedremo che cosa sa fare. Arrivederci!
Gli strinsi ancora la mano e me ne andai a casa per informare Julia e Chris. Non avrebbero capito che quello era un modo per assicurarle un lavoro per quando me ne sarei andato.

2 commenti:

  1. "...e come fanno a chiamarlo amore se poi basta un attimo per non amare più?" *__*
    Senza parole ancora una volta.

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  2. Ti ringrazio ancora una volta ;)

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