"Non basta godersi la bellezza di un giardino senza dover pensare che in un angolo ci siano le fate?"
- Douglas Adams

domenica 7 agosto 2011

23° Capitolo

Sole nascente

Mentre parlavo coi miei genitori al telefono, Wendy mi tenne la mano con dolcezza. Sentivo che avrei potuto fare qualsiasi cosa, se ci fosse sempre stato qualcuno a tenermi la mano in quel modo.
In sintesi furono così felici di risentire la mia voce che si dimenticarono di arrabbiarsi. Mi dissero che sarebbero stati al settimo cielo se li fossi andati a trovare, ma capirono il mio bisogno di starmene lontano da casa, quindi non fecero pressioni. Dopo quella telefonata e quella sera in cui io e mia cugina ci prendemmo una sbronza storica a base di champagne, passai una delle settimane più belle della mia vita.
La bellezza, il meraviglioso, sono concetti astratti che non si annidano nei dettagli, ma piuttosto nel tempo, nell’istante o in un discorso. La concretezza delle parole, se messa insieme ad un tono sincero o astuto o studiato, può creare senso di smarrimento e affascinare l’ascoltatore in maniera da renderlo schiavo del discorso stesso. Ma la felicità, troppo spesso scambiata per bellezza soggettiva e opinabile, non si annida da nessuna parte, non nasconde il suo volto, la felicità non trema, non palpita, non svanisce né soffoca: la felicità è ovunque. Io la trovai in quella settimana, sulla spiaggia, nei granelli soffici e fini su cui mi sdraiavo o mi sedevo a leggere, nel mare a volte calmo e a volte mosso, nelle onde lente e armoniose, in mia cugina che mi sorrideva e nel sole che splendeva. Capii che l’estate è bella solo perché non facciamo altro che attenderla trepidamente durante l’inverno. Senza di esso non potremmo goderci l’estate. Siamo fruitori della felicità altrui come gli altri sono fruitori della nostra. Essere felici è un stato facilmente condizionabile sia in noi che in chi ci sta accanto, e la depressione, debole preda della felicità, è lì dietro al muro che aspetta di cambiare l’umore a seconda dei suoi capricci e della scintilla che la sappia accendere. Il fuoco, una volta scaturito, è capace di incendiare tutti, le fiamme si propagano e illuminano i cuori, per un istante, per un giorno, l’importante è che lo facciano. Un carattere esiste finché esiste il suo opposto. Se non fossimo mai tristi non potremmo nemmeno mai essere felici.
Io e Wendy, insieme, riordinammo il giardino. Tagliammo il prato, strappammo le erbacce, e piantammo una serie di rose rosse e blu per tutto il giardino. Mia cugina mi diede da indossare vecchi indumenti di suo padre, ma quando eravamo in giardino o in spiaggia stavo sempre a torso nudo e senza berretto. Mi abbronzai in fretta, e anche Wendy prese un bellissimo colorito roseo sul viso, sulle gambe e sulla schiena. Potammo i rami malati delle piante e ripiantammo a debita distanza quelle che stavano invadendo il territorio altrui.
Non parlavamo molto; non c’era bisogno di disturbare con parole quell’oasi di pace.
Una mattina andammo a Houston a prendere il materiale per imbiancare le pareti esterne della villetta, troppo sporche e scrostate.
– Stiamo facendo un ottimo lavoro – constatò Wendy quando iniziammo l’operazione.
– Puoi dirlo forte – risi io.
Dopo le pareti toccò ai mobili, che vennero spolverati e risi-stemati in modo da offrire più spazio per quando mio fratello, Chris e Julia sarebbero arrivati. Tutta la casa venne pulita da cima a fondo. Le ragnatele vennero debellate e le posate pulite. Facemmo la spesa. Mentre sistemavo i chiodi che tenevano in piedi i pali della veranda, Wendy mi tenne la scala.
Ogni mattina prima di pranzo correvamo in spiaggia per fare un bagno e ripulirci dal sudore dei lavori appena svolti. Entrare in acqua dopo tutta quella fatica era la cosa più gratificante a cui riuscivo a pensare. La sera, dopo cena, giocavamo per ore a scacchi. Per ogni pezzo che io mangiavo a Wendy o che lei mangiava a me, chi subiva la perdita doveva bere d’un fiato un bicchierino di whisky. Le ultime partite diventavano piuttosto divertenti e vivaci; volava persino qualche insulto amichevole. Di notte dormivamo nel letto matrimoniale che era stato dei suoi genitori, e spesso, nel dormiveglia, sentivo le sue braccia stringermi, e allora riuscivo a riaddormentarmi immediatamente, calmato da quel tocco dolce e delicato che mi era tanto familiare.
Venne il giorno per cui attendevamo Chris e gli altri. Mi svegliai abbracciato a mia cugina e osservai il sole del mattino fuori dalla finestra. Speravo che quello sarebbe stato l’inizio di un periodo più felice della mia vita.
Ci alzammo e facemmo la nostra colazione in veranda, gli occhi rivolti al mare. Wendy si mise a fare le parole crociate e mi chiese chi fu la famosa amante di Trockij.
Risposi teso: – Non ne ho idea.
– Sei inutile – disse, scherzando.
Alle undici sentimmo il rombo di un motore avvicinarsi per la stradina sterrata che conduceva alla villetta. Riconobbi l’automobile di Matthew, il padre di Chris.
Wendy alzò gli occhi dalla rivista di cruciverba. – Sembra che siano arrivati.
Scattai in piedi senza rendermene conto, seguito a ruota da mia cugina. Con calma entrò in casa e uscì dall’altra parte, dove c’era la parte di giardino che dava sulla strada. Chris stava parcheggiando in quel momento. Wendy tirò fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi del cancelletto e l’aprì.
Mio fratello saltò fuori dalla macchina, pallido e magro come un chiodo, i capelli neri e sudati per il viaggio appiccicati alla fronte.
– Figa ‘sta casa – esordì, senza preamboli.
Wendy gli andò incontro mentre Chris spegneva il motore. Abbracciò mio fratello e lo baciò sulla guancia.
– Ciao Alan, tutto bene?
Lui annuì e corse avanti, entrando in giardino.
– Toh, chi si rivede! – disse, rivolto a me, senza degnarmi di uno sguardo ed entrando in casa.
Ero sicuro che fosse molto felice di vedermi, più di quanto desse a vedere, ma era nel suo carattere di quindicenne non esagerare in profusioni d’affetto con il fratello maggiore.
Wendy si diresse verso Julia e Chris, che stavano scendendo adesso dalla macchina. Baciò entrambi sulle guance e poi attese in silenzio che venissero verso di me.
Chris guardò nella mia direzione e sembrò esitare, poi si irrigidì a mosse lenti passi cadenzati nella mia direzione.
Quando mi fu davanti, né io né lui sapevamo cosa dire. Sapevo di dover attendere che fosse lui a parlare, ma quello che fece mi stupì più di ogni altra cosa.
Lo vidi piangere, e subito dopo, accortosi delle proprie lacrime, mi abbracciò con vigore.
Mi sussurrò all’orecchio: – Vorrei poterti dire che t’ho perdonato, Charlie, ma non è così. Non t’ho perdonato perché non c’era niente da perdonare. Ora capisco.
Quei cinque minuti durante i quali rimanemmo lì abbracciati furono ancora più belli di quei sette giorni appena trascorsi.
– Ora capisco – mormorò ancora, prima di staccarsi e lasciarmi salutare Julia, che mi attendeva con un sorriso solare stampato sul volto.

La villa di zia Molly non aveva la televisione, ma solo una grossa e vecchia radio che nonostante tutto era ancora perfettamente funzionante. Comunque, non la usavamo molto. C’era invece un’immensa libreria che occupava la più grande stanza della casa. Non c’erano solo le opere complete di tutti gli autori classici moderni, ma anche di quelli greci e latini. C’erano poi tratti storici, politici e psicologici; tutti i sonetti le commedie e le tragedie di Shakespeare. Un angolo della libreria era dedicato a decine di dischi di musica classica. Non penso ci fosse anche un solo compositore che mancasse all’appello. Ma non avevo molto tempo da dedicare a quell’incredibile paradiso di storia e cultura.
I giorni passavano veloci e felici. Alan si comportò benissimo. Venne a parlarmi in privato la sera del giorno in cui arrivarono, prima di andare a letto. Mi confessò che non credeva gli sarei mancato così tanto, poi mi abbracciò anche lui e mi chiese di non farlo più. Glielo promisi, sebbene non fossi così convinto della validità della mia promessa. Alan e Julia sarebbero dovuti tornare in California verso metà settembre per riprendere la scuola, ma Chris era riuscito non so come a convincere i suoi a lasciarlo libero di dedicarsi anima e corpo alla pittura. Wendy poteva rimanere fino a dicembre. Si era portata dietro i libri di diritto e avrebbe passato ottobre e novembre a prepararsi per l’esame che doveva dare prima di Natale, ma nel frattempo sarebbe comunque rimasta lì. Chris avrebbe riaccompagnato a casa Julia e mio fratello qualche giorno prima dell’inizio della scuola, poi sarebbe ritornato da me e Wendy in Texas.

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