"Non basta godersi la bellezza di un giardino senza dover pensare che in un angolo ci siano le fate?"
- Douglas Adams

giovedì 4 agosto 2011

20° Capitolo

Dolcezza e crudeltà

Come si può dormire mentre il mondo crolla? Ma soprattutto, è possibile occupare le proprie giornate con domande così idiote? Come una cavalletta in un campo, i miei pensieri passa-vano da un argomento all’altro.
Mi riscoprii a pensare che forse il mondo non sarebbe diventato solo cemento. Forse la gente si sarebbe svegliata in tempo e avrebbe difeso il verde. Forse avrebbero arrestato i banchieri di quelle misere banche che grazie ai loro debiti mandano in rovina i paesi. Forse si sarebbe smesso di chiamare egregio uno che è miliardario. Che cazzo, quello prende i milioni quando c’è gente che muore di fame, e io dovrei chiamarlo egregio? Perché mai io avevo dovuto strisciare ai piedi di Bianca chiamandola signora finché lei non mi aveva concesso il beneficio del dubbio? Quando ami qualcuno, puoi chiamarlo come ti pare e piace.
I giorni passavano desolanti tra un bacio e l’altro, senza appetito e con fare apatico. Non riuscivo a fare mia Bianca completamente, nel modo in cui gli uomini fan loro le donne. Meditavo la fuga già da tempo, desideravo scappare lontano da ciò che volevo, temevo che m’avrebbe distrutto e io so che le per-sone non vogliono essere distrutte. Il problema di quando le rompi è che non si aggiustano, non c’è un modo per ripararle, non bastano le scuse, serve volontà e forza, non tutti le hanno, chi ne è privo è destinato a soccombere; così è dall’inizio e così sarà fino alla fine.
Bianca sapeva dirmi solo: – Sei adorabile, ma puoi fare di meglio.
E io tentavo di fare di meglio. Ma come? Come soddisfare la famelica donna che mi ospitava? Non era forse la sazietà la più grande insoddisfazione dell’uomo?

– Nell’arte l’uomo riproduce sé stesso, non credi, Charlie?
– Oh, sì.
– I dipinti più osceni sono l’espressione del male di vivere.
– Senza dubbio.
– Se tu dovessi dipingere, faresti dipinti felici o tristi?
Rimasi in silenzio, osservando i quadri della mostra di pittura e meditando una risposta.
– Tristi – risposi infine.
– Lo sapevo!
– Ma anche felici. Un artista che dipinge solo quadri felici non è un artista. Non esiste un artista felice.
Bianca sembrò perplessa.
Dopo qualche minuto disse: – Tu scrivi, vero, Charlie?
Deglutii. – Come lo sa?
– Te lo si legge negli occhi. Begli occhi, tra l’altro.
– Io non scrivo.
– Sì, invece.
Mi avvicinai a un quadro fino a poter sentire il mio respiro tornarmi indietro. Bianca mi aveva dato dei pantaloni di flanella da trecento dollari, una camicia da duecentocinquanta e una cravatta da cento. Per non parlare della giacca da seicentotrenta dollari e i mocassini da quattrocento. Contando anche i capelli ordinatamente pettinati, mi ero sembrato un signore quando a casa mi ero specchiato poco prima di uscire.
– Se allora sei così convinta che scrivo, dovresti avere paura di me – dissi, senza voltarmi.
– Perché? – chiese lei.
– La penna è uno strumento assai più pericoloso delle parole; è anche più pericoloso di un’arma. Le penne scrivono, Bianca. Quando qualcosa è scritto, non puoi più farci niente. La televisione in confronto è merda. Tu dai a uno scrittore una penna, e lui donerà idee agli uomini. E poi la maggior parte delle menti umane è debole. Cosa credi che faccia uno scrittore se non plasmarle a piacimento secondo le proprie idee?
Sentii i suoi passi avvicinarsi e poi avvertii il profumo e il fiato caldo sul collo.
– Charlie…
Mi venne la pelle d’oca. La vicinanza di lei mi uccideva. Non sapevo reagire.
– Sì?
– Tu e io siamo menti fuori dal comune, lo sai bene.
Trattenni un gemito quando posò le labbra laccate sul mio collo, sotto l’orecchio.
– Non devi nascondere a me ciò che hai nella testa. Non fare pazzie, Charlie. Quelle lasciale agli ignoranti che devono improvvisare. Sei molto intelligente, bambino mio, non farti ten-tare dall’istinto, tu sei meglio di un pensiero del momento… tu sei premeditazione, Charlie, non puoi fallire perché smetti di pensare. Sai perché non t’ho dato il whisky, l’altra sera?
– No – dissi, a denti stretti e cercando di controllarmi.
– Perché avresti pensato di meno, Charlie. L’alcol è una delizia per gli artisti. Riescono a divertirsi, se sono ubriachi. Sa-presti scrivere da ubriaco? No. Saprebbe un pittore dipingere, da ubriaco?
– Immagino di no – sibilai.
– Ecco, – sussurrò lei, – è proprio questo il punto. Mi piaci quando pensi, Charlie, quando sei timido e non riesci a fare qualcosa in modo deciso. Mi piaci quando ti senti così avventato da guardarmi negli occhi, da accarezzarmi una mano. E mi piaci quando mi baci, mi piacciono le tue labbra tutte tremanti che urlano amore ad ogni minimo scatto, che si aprono e si chiudono sulle mie, nella dolcezza che tu tanto ami. Mi piaci quando tenti di fermare l’ardore che mi prende quando mi baci. Perché tu pensi, Charlie. Se non pensassi non saresti niente di tutto ciò, saresti un animale, come tutti gli altri. Invece le tue labbra mi fanno impazzire tanto sono vere e tanto il bacio che ne scaturisce è dolce e sincero.
Sentii il suo indice che mi asciugava una lacrima.
– E mi piacciono le tue lacrime – aggiunse. – Le lacrime sono per i disperati.
– E cos’hanno i disperati di speciale? – chiesi, la voce ridotta al solo movimento delle labbra.
– I disperati sono vivi, Charlie.

Per le strade di Denver tutti si giravano a guardare la bellissima donna e il ragazzo elegante che, a braccetto, facevano ritorno a casa. In tanti conoscevano Bianca, e io, il ragazzo elegante, ero oggetto di pettegolezzi già da un paio di giorni.
Persino tra i muri scrostati delle case e gli accattoni che dormivano sui marciapiedi sentivo di fare bella figura. Spiccavo nel mio abito nero e Bianca splendeva nel suo vestito rosso, i capelli biondi raccolti da un fiocco anch’esso rosso.
Ricordo il giugno del ’61 come il preludio al peggior decennio che l’America abbia mai attraversato durante la mia vita. Ricordo che pensai che tutto iniziasse a causa mia e di Bianca, che il mondo impazzisse per noi. Invece stavano davvero dando tutti di matto. La cosa difficile, da quel momento in poi, sarebbe stata rimanere con la testa sulle spalle, non farsi condizionare e ignorare i ragionamenti di un paese già marcio ancor prima che marcisse.

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