"Non basta godersi la bellezza di un giardino senza dover pensare che in un angolo ci siano le fate?"
- Douglas Adams

giovedì 18 agosto 2011

28° Capitolo

Come una candela

L’estate andò lentamente scemando. Le sue ultime giornate furono torride, afose. Cominciarono a smorzarsi le risate, la spiaggia si riempì come se i giovani volessero sfruttarla al meglio prima di tornare a scuola, i negozi riaprirono uno dopo l’altro. Le feste diminuirono drasticamente, si riprese a stare in casa a leggere o a sentire musica. La televisione la evitavo ancora, non volevo saperne. Le nuove generazioni sarebbero cresciute solo con quella, temevo, e una cosa così potente era capace di influenzare la mentalità di un numero incalcolabile di persone. Era ancora possibile leggere un libro senza pensare a una pubblicità, nel frattempo?
Nessuno sospettava cosa sarebbe successo quell’anno. Il 22 novembre a mezzogiorno ero a scuola. Con me in classe c’era Chris. Non avevamo più il signor Johnson ed eravamo con ra-gazzi di due anni più piccoli. Quando all’una uscimmo da scuola, ancora nessuno ci aveva detto niente. Quel giorno ero già d’accordo coi miei che avrei mangiato da Chris, quindi facemmo la insieme la strada verso casa sua.
Ci aprì la piccola Mary. Sembrava agitata, scossa. Il mio amico capì subito che c’era qualcosa che non andava.
– Chris! – fece la bambina. – Hanno ammazzato il presidente!

Alla televisione non c’era altro. Si vedeva Kennedy vestito per la visita ufficiale a Dallas ricevere le pallottole nel petto e accasciarsi. Lo vedevamo, lo sentivamo, e continuava a morire. Nelle nostre menti non smetteva un solo attimo.
E tu dov’eri quando hanno sparato a Kennedy? Chiedeva la gente. Ero a scuola, ero al lavoro. Ero a casa a bere un thè caldo, a leggere un libro. Stavo ascoltando Schubert sdraiato sul letto. Stavo pensando.
Ma Kennedy l’avevano ucciso lo stesso, non importava che cosa la gente stesse facendo in quel momento.
Continuarono a ucciderlo per settimane intere. Rivedevamo la scena come se fosse la prima volta. Si frantumavano le nostre speranze di una buona America.
Quando divenne presidente Johnson, Chris festeggiò la notizia ubriacandosi e vomitando.
– Che schifo – fu il suo commento. – Questo è un guerrafondaio del cazzo.
– È un repubblicano – replicai.
– Non cambia niente. Ha fatto la guerra da soldato e la farà anche da presidente.
Venne un altro Natale e un altro Capodanno. Mia cugina scese da San Francisco e ancora una volta andammo in Texas per passare le vacanze nella casa di zia Molly. Wendy guidava, io ero davanti con lei e Alan dietro. Chris e Julia nell’auto del signor Matthew.
– Se hanno ucciso il presidente possono uccidere tutti – mi disse quando fummo in viaggio. – Non gliene frega niente della gente a quelli là, vedrai se non ho ragione.
Sperai che non ce l’avesse, ma non avevo molta fiducia nella mia speranza. Non ne avevo mai avuta molta.
– Quand’è che te la trovi una ragazza? – mi chiese poi.
Non risposi. Avrei dovuto dire che dopo Bianca, non sarei più riuscito a innamorarmi di nessun'altra. Ancora speravo di rivederla, nelle notti che la luna era piena e la sua luce filtrava dalle persiane di camera mia. Quella donna aveva rubato la mia capacità d’amare, se n’era impossessata. E ora io ero con lei e sempre con lei, tradirla era impensabile.
– Come non detto, non te la trovi.
Desiderai che fossimo tutti muti. Le parole rovinavano sempre ogni cosa.

Passammo il Capodanno a Houston. La città era gremita di gente e coperta di neve. I bambini giocavano a palle di neve nelle piazze, nelle strade e nei parchi. Dagli appartamenti dei palazzi usciva una luce calda, soffusa. Mi immaginavo le famiglie riunite a mangiare, alcune avrebbero detto una preghiera per il cibo, altre avrebbero aspettato l’arrivo dei parenti più lontani, si sarebbero abbracciati, stretti le mani. Avrebbero raccontato barzellette, cercando di dimenticare Kennedy.
E tu dov’eri quando hanno sparato a Kennedy?
Festeggiavo Capodanno. Hanno ucciso Kennedy?
Quanti Capodanni festeggi?
Sembrava che gli americani avessero tanto da dirsi. Le risate passavano attraverso i vetri, riscaldando persino le vie innevate. Nessuno avrebbe mai detto che, pur con quell’apparente felicità e tutta quella voglia di parlare, gli americani in realtà non stessero dicendo proprio nulla.
E tu dov’eri quando hanno sparato a Kennedy?
Ero in bagno. Vomitavo.
Perché vomitavi?
Perché avevo schifo, schifo, schifo.
L’albergo dove stavamo stappò decine di spumanti, a mezzanotte. Anche noi stappammo la nostra.
Ma che cosa stavamo festeggiando? Il nuovo anno? Iniziai a pensare che portasse male fare festa all’inizio di ogni anno. Pensai questo soprattutto dopo aver visto quello che sarebbe accaduto di lì in avanti. La gente però continuava a voler far festa, a voler divertirsi.
Due giorni dopo, quando tornammo sulla costa, presi Chris in disparte e gli dissi:
– Io riparto. Nel ’61, prima che venisse a prendermi Wendy, prima ancora che incontrassi Bianca… stavo andando a New York. È ora di riprendere. Io non ce la faccio più a stare qua. Mi sembra tutto maledettamente triste e uguale… a Los Angeles feci l’errore di non dirti che partivo, oggi sto rimediando. Se vuoi venire con me, vieni. Mi dispiace abbandonare tutto ancora una volta… ora che avevamo ripreso la scuola, i contatti, ora che stavamo crescendo… ma davvero io non ce la faccio. Sto soffocando, Chris.
Chris mi prese la mano e la appoggiò dove si trovava il mio cuore. – Non capisci, Charlie, che è questa la tua casa?
Poi, sempre la mia stessa mano, la mise sul suo, di cuore. – E questa è la mia. In tutte e due c’è abbastanza posto per non esser costretti a partire.
Sentii le lacrime pungermi gli occhi, ma le trattenni. – Io devo partire, Chris.

Julia sapeva che ero io l’artefice della partenza di Chris. Il mio amico non aveva intenzione di lasciarmi, ma non voleva che la sua ragazza rinunciasse agli studi del college per lui.
– Tornerò, come sono sempre tornato – le disse.
Wendy, non commentò, si limitò ad abbracciarmi e ad augurarmi buona fortuna.
Alan mi disse: – Papà e mamma ti ammazzerebbero, se potessero. Però ti vogliono bene lo stesso.
E anche lui mi voleva bene, anche se non lo avrebbe mai ammesso di fronte a me.
Partimmo alla sera, in mezzo a una nevicata.
E tu dov’eri quando hanno sparato a Kennedy?
A giocare con la neve.
– Non staremo via come la prima volta – dissi a Chris mentre accendeva il motore. – Sento che sono vicino a ciò che cerco. Il tempo mi darà la risposta.
Lui non rispose.
– Forse non dovevo dirtelo che partivo – mormorai.
Si voltò verso di me e fece un sorriso stanco. – Anche se stiamo crescendo, anche se… – s’interruppe e bestemmiò. – Vaffanculo. La vita ti toglie tutto, anche i legami più stretti.
Poi, come se fosse una cosa normale, disse: – È veramente tutto uno schifo.

1 commento:

  1. Hai lavorato veramente bene in questi ultimi capitoli, non aggiungo altro.

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