"Non basta godersi la bellezza di un giardino senza dover pensare che in un angolo ci siano le fate?"
- Douglas Adams

sabato 13 agosto 2011

24° Capitolo

Giorni felici

Alan lesse parecchi libri in quei due mesi che trascorse con noi. Lui e Wendy erano quelli che maggiormente dedicavano qualche ora alla lettura. Io, Chris e Julia, invece, passavamo giornate intere sulla spiaggia. Le notti più calde e limpide dormivamo lì tutti e cinque, avvolti in coperte di cotone e illuminati da un fuoco piacevole.
Passavamo la notte in bianco a raccontarci storie (ero soprattutto io a raccontare) e a giocare a scacchi o a fare bagni improvvisati.
Una notte che avevamo bevuto un po’ ed eravamo allegri, raccontai finalmente a Chris di Bianca. Non solo a lui, ovviamente, perché fino a quel momento l’unica che sapeva cos’avevo fatto dopo aver lasciato Los Angeles era Wendy.
– È una donna fuori dal comune – dissi. – Non si può starle vicino senza innamorarsene. Solo che… è un po’ pazza. E credo che prima o poi tornerà a cercarmi e non si darà pace finché non mi avrà trovato.
– Affascinante – biascicò mezzo addormentato mio fratello da sotto un berretto.
– Be’, almeno ti sei svegliato – commentò Chris, sorridendo. – Wendy, passami la birra per favore.
Julia sospirò. – Un’estate così non si dimenticherà in fretta.
Sarebbe stato assolutamente vero, se tutte le estati a venire non fossero state una peggio dell’altra. Avremmo visto le pre-occupazioni del signor Johnson farsi realtà. Il mondo non di-mentica le guerre. Le ripete.
– Mi sembra di poter fare tutto – disse Alan. – Questo posto è bellissimo. È matta zia Molly a non viverci. Cos’è San Francisco in confronto a questo? Cos’è tutto in confronto a questo? Hey, sentite qua – si alzò di scatto. – Lo facciamo a chi arriva primo al mare partendo dalla casa? E poi ci si tuffa.
Chris sbuffò. – Alan, sono mezzo ubriaco.
– E chi se ne frega.
Facemmo la gara e nonostante tutto vinse Chris. In acqua ci schizzammo per un po’, ridendo, poi uscimmo e ci avvolgemmo negli asciugamani. Davanti al fuoco tirai fuori Il Diavolo in corpo di Raymond Radiguet e iniziai a leggere ad alta voce.

Più tardi non riuscivo a dormire. Chris si era appena alzato per vomitare. Poi si sedette sulla riva con la coperta sulle spalle. Mi alzai ben avvolto nella mia e lo raggiunsi.
Mi disse: – Ti rendi conto che da qualche altra parte nel mondo c’è sicuramente qualcuno che sta vomitando perché ubriaco? Altri staranno litigando, quasi riesco a sentirli. Altri ancora facendo l’amore, e forse sono felici. Ma è così ovunque. Mi mette addosso una tristezza enorme.
Chris parlava sotto l’effetto dell’alcol, ma mi preoccupò lo stesso.
– Cosa vuoi dire? – gli chiesi.
– Voglio dire che è terribile come viviamo, se ci pensi. Aspettiamo di morire nella noia più totale, e nel frattempo ammazziamo il tempo con un sacco di cose che vanno dall’ubriacarsi all’avvelenarci con parole di odio quasi mai d’amore. Anche chi si ama finisce spesso per odiarsi, magari senza nemmeno accorgersene. Non è triste?
– Lo è – confermai.
– A volte mi chiedo come è possibile che nel mondo ci siano oltre centinaia di persone che amano nel mio stesso modo. Forse non proprio nello stesso identico preciso modo, ma sicuramente qualcosa di simile, non credi? Poi mi chiedo come fac-ciano quelli come te, quelli che si rendono conto che fa tutto schifo e che cercano lo stesso un pretesto per vivere, se ne vanno… cosa ti dici alla mattina per alzarti, Charlie, per cosa credi che valga la pena di restare qui, su questa terra?
Allargai le braccia. – Tutto questo. A volte mi dico che vale la pena vivere anche solo per sapere che c’è un amico come te che mi aspetta.
Ridacchiò. – Vorrei non crescere, non invecchiare, non dimenticare… ci diciamo che una volta cresciuti non dimenticheremo di quando siamo stati giovani, ma è una bugia. Dimentichiamo eccome, dimentichiamo tutto. Dimenticare è all’origine delle guerre. Dovremmo chiedere scusa ai morti non facendone più, e invece ne facciamo ancora, ancora e ancora, non ci fermiamo mai di farne, c’è da chiedersi se in fondo non ci piaccia. C’è da aver paura.
– Io so cos’è la paura – dissi.
Scosse la testa. – Non credo, Charlie, che tu sappia cos’è la paura. Credo piuttosto che la paura di perdere qualcuno che si ama è forse la più grande e incomprensibile delle paure.
Sentii dei passi avvicinarsi.
– Amore, hai bevuto troppo, vieni a dormire.
Era Julia.
Chris alzò gli occhi. – Non ho sonno – disse, brusco.
Allora Julia, senza rispondere, gli si sedette accanto e gli poggiò la testa sulla spalla.
Insieme rimanemmo a guardare il mare nella notte e la debole luce che la luna proiettava su di esso. Nel silenzio proferimmo più parole di quanto avrei mai potuto immaginare.

L’alba ci colse assonnati, stanchi. Il sole che spunta e ti sveglia quando non sei in casa, coglie sempre impreparati. Piano piano ci svegliammo tutti, e con gli occhi stropicciati e ancora semichiusi restammo a guardare il cielo, sdraiati, cullati dal debole sciabordio delle onde.
Senza dire niente a nessuno mi alzai e andai in casa. Scrissi una lettera a Bianca, ma poi la stracciai a metà. Ci riprovai per dieci volte e sempre finivo col stracciarla. Allora lasciai perdere e andai nella libreria a prendere un disco di classica. Scelsi Chopin. Così, quando gli altri rientrarono, il piano del mio compositore preferito raggiungeva ogni angolo della villa.
– Tu, – mi disse Alan, – faresti tutto mentre suona Chopin.
– Non è difficile fare tutto mentre si ascolta Chopin. Basta chiudere gli occhi.
Si parò di andare a Houston a ballare in qualche sala. L’estate era ancora lunga e le idee erano molte. Tutti e cinque schiacciati nell’auto di zia Molly andammo in città la sera di un sabato sul finire di luglio.
Finimmo come previsto in una sala da ballo a bere qualche bicchiere di vino. Io feci ballare Wendy sulle note di The Swim di Bobby Freeman, mentre Chris lasciava ballare Alan con Julia e ci guardava spanciadosi dal ridere.

Come on, all you swimmers
I'll show you the way
The number one dance in the USA

The name of the dance you did before
Now I'm back to swim some more
Let's swim again

Diedi il cambio a Chris che ballò stupendamente con mia cugina mentre mio fratello continuava a gasarsi di stare ballando in una sala da ballo con una bella ragazza come Julia.
Riscaldati dal vino uscimmo dalla sala e ci vedemmo un film al cinema, film che proprio non ricordo per niente, nemmeno il titolo. Deve essere stata proprio una bella serata, immagino.
Infine corremmo fin fuori Houston e ci stendemmo sui prati deserti a guardare le stelle. Non c’era sera in cui non guardassimo le stelle, quell’estate.

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